www.ForumViaggiare.com

Links Sponsorizzati


Torna indietro   www.ForumViaggiare.com > ForumViaggiare > Viaggi Forum Principale

Tags: ,

Rispondi
 
Strumenti discussione Cerca in questa discussione Modalità visualizzazione
  #1  
Vecchio 25-09-2007, 23.15.46
Massimo B
 
Messaggi: n/a
Predefinito [RECE] Istanbul

Ciao,
dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
conosciuto nel recente viaggio a istanbul.
Buona lettura.

Verso la CittÃ*.
taccuino di un viaggio a Istanbul
di Roberto Bassi

Tornato a casa da pochi giorni mi ero immerso subito nei vecchi ritmi.
Volevo presto disfare le valigie, integrare nella mia casa oggetti e
ricordi, residui di viaggio. Riposare la testa.

Facevo finta di nulla mentre, seduto sui sedili di Palazzo Farnese,
come ai tempi della scuola, ammiravo le eleganti architetture della
piazza, coccolato da un pallido raggio di sole al tramonto.

Eppure mi sbagliavo e, chiudendo gli occhi, cercavo di evocare le mille
cupole e minareti di Istanbul, la tristezza intrisa di sole e di vento
che la CittÃ* mi aveva trasmesso e che avevo provato mentre ne
ripartivo.

L’aereo, anche lui, sembrava non volersi staccare da quella terra per
me ancora misteriosa ed affascinante, la rincorsa sembrava non voler
finire mai, quasi che il peso di mille ricordi e mille sensazioni lo
tenessero incollato, immobile e sospeso in un attimo infinito.

Come ero arrivato a scegliere Istanbul per quella piccola vacanza
ancora non mi era chiaro. Avevo organizzato la partenza in fretta e
furia, prenotato un albergo al volo e acquistato un biglietto senza
molta convinzione. Ero partito con poco bagaglio ed un sasso nella
tasca come zavorra del passato. Sarebbe bastato gettarlo da qualche
parte per sentire il sollievo dai miei pensieri, o, almeno, ne ero
convinto.
Sono arrivato in un pomeriggio di agosto, inondato di sole, caldo e
soffocante, avevo preso un taxi e non più di tanto mi ero meravigliato
della guida spericolata. Sporgevo la testa fuori dal finestrino
aspettando di vederla.
Ecco apparire, elegante dall’alto della sua storia e dei suoi colli,
uno spicchio della vecchia Stamboul, come l’avevo studiata su un
vecchio libro in francese. L’emozione non tardò ad arrivare.
A mano a mano che la mia destinazione si avvicinava, la CittÃ* si
presentava con strade sempre più strette che impennavano verso l’alto.
Pietre bianche tagliate a formare contrafforti ed alti recinti mi
accoglievano ed io ho iniziato a scoprire colori e forme ed immaginare
storie.
Riconoscevo, dalla solita lettura, le forme emergenti dell’Ippodromo e
con un tuffo al cuore mi riempivo gli occhi della grandiosa eleganza di
Santa Sofia. Giravo la testa ad ogni elemento che mi si parava davanti,
catturando ogni singolo particolare conosciuto o riconosciuto e
mentalmente studiavo il percorso per impiegare il poco tempo che avevo
per scoprire la CittÃ*.

L’albergo mi accoglieva, un po’ come me lo aspettavo, elegante e
pulito. Mi attendeva una grande stanza all’ultimo piano in quella che
una volta, credo, fosse una terrazza. MetÃ*, quasi, della stanza non
aveva un tetto ma un vetro ricurvo a chiudere una parte del soffitto,
che, anche di notte, sembrava di essere all’aperto. Una grande finestra
fungeva da quinta verso il balcone dalla grande balaustra in ferro
battuto che non escludeva la vista sottostante.
L’inserviente mi accompagna, mi mostra la stanza, ma io mi giro: la
finestra dÃ* verso oriente e guardo il mio nuovo orizzonte. Mi volto e
mi accorgo che sono rimasto da solo.
Dalla finestra vedevo una parte della cupola di Santa Sofia, tre dei
quatto minareti svettavano sul panorama circostante che, per la maggior
parte, dava sul retro di case sbrecciate e lerce, con cassoni d’acqua
nascosti alla vista della facciata di Divanyolu Caddesi, ornata di
edifici alti dalle finestre strette, perfettamente restaurati.

Sulla destra, nello spazio creato dalla ampia via, si intravedeva
Scutari, affacciata su uno specchio di mare e sulla sinistra si intuiva
fra i tetti uno spicchio di Bosforo con il ponte sospeso. A tale vista
la mia testa era giÃ* confusa, agitata, emozionata.

La voglia di tutto scoprire e tutto vedere mi spingeva, subito, fuori
all’aria aperta per la prima passeggiata di orientamento. Senza meta e
senza troppo studiare la guida esco sulla via e cerco immagini.

Il fatto di aver scelto un albergo nell’area di Sultanhamet aveva
facilitato ogni cosa. Sembra un quartiere nato per soddisfare i nuovi
viaggiatori che giungono ad Istanbul sull’onda di un non mai sopito
sogno romantico che l’Europa occidentale ha della CittÃ*.
Si trovano infatti qui intorno gli edifici più belli ed eleganti
dell’antica capitale o, meglio, delle capitali. Ad ogni conquista la
CittÃ* è stata chiamata a recitare nei diversi ruoli che il destino ha
disegnato per lei. Inevitabile in questo spazio di mondo al centro
della civiltÃ*. Ho letto da una parte che mai come in questo luogo la
geografia modifica la storia ed è vero: spaziando lo sguardo, intorno,
ci si accorge che siamo in un cardine di importanza strategica; vitale
è il controllo, per chi amministra potere, di questo spicchio di terra
a cavallo di mondi diversi, ponte di passaggio, cordone ombelicale,
luogo principe di scambi culturali e commerciali.
Provo tenerezza per questa cittÃ* oggetto di tali e tante attenzioni che
l’hanno modificata, cancellata e ricostruita tante e tante volte; mi
hanno raccontato che sotto il livello attuale esisterebbero sette
cittÃ*. Non faccio fatica ad immaginarlo. Eppure le tante tracce dei
tanti passati sono ancora evidenti, segno che ogni nuovo conquistatore
ha in parte rispettato l’essenza intima della sua forma.
Mi sono chiesto se la CittÃ* stessa abbia messo dei limiti,
concedendosi, ma a condizione di questo intimo rispetto, esercitando
attrazione ma nello stesso tempo timore in chi osò e osa violarla per
fregiarsi dell’ambiziosa sfida: la sua conquista.

Le stradine si intersecano, salgono e scendono, mostrano o escludono,
con una curva, la vista su scorci che volgarmente definirei
pittoreschi, ma sono di più: attraverso quegli squarci la CittÃ* mostra
la sua essenza. A volte si scopre senza pudore e scopri angoli
abbandonati, pietre crollate, muri sbrecciati e nascosti da erba, case
di legno bruciate e ruderi abbandonati tra rifiuti.
I piedi mi portano verso Santa Sofia, gli occhi ne erano, invece,
rimasti incollati dal primo momento che ne avevo riconosciute le linee.
Il suo nome, che in latino, greco e turco ha un suono dolce e
persistente, come un profumo forte e antico, la dice lunga sulla sua
importanza ed indiscreta presenza in questo lembo di terra. Ogni
edificio successivo ha subito l’influenza della sua linea originaria.
In italiano suona come Divina Sapienza e mai nome sarebbe mai stato più
azzeccato per questa presenza: suona come una nota, come una preghiera
nella testa nei viaggiatori che si lasciano incantare dalle sue forme
eleganti, dai rimaneggiamenti architettonici che le hanno permesso di
resistere ai secoli, ai momenti di luce e di distruzione e, poi, di
nuovo luce nei passaggi infiniti delle stagioni e dei tempi.

Abbacinato dalle forme e dal taglio della luce tento di scattare
qualche foto consapevole che mai riuscirei a fissare nelle immagini la
sensazione di grandezza che mi esplode dentro.

È tardi e la visita è rimandata al giorno successivo. Comincio a
bighellonare per le strette vie che circondano le alte mura di cinta
della basilica.
Case ottomane delimitano una via ricca e silenziosa addossate all’alta
recinzione del Topkapi Saray, sono in legno quasi a sottolineare la
fragilitÃ* dell’umanitÃ* rispetto alla forza delle pietre che le
circondano, dei due poteri, quello della forza dell’uomo e quello del
mistico e trascendente che, inevitabili, si fronteggiano divisi dalla
stretta strada.

Gettando uno sguardo verso la Moschea Blu, vedo un hamam, trasformato
in negozio di tappeti, sarÃ* interessante da visitare, penso.
La Moschea, invece, si erge fiera con i suoi minareti che indicano il
cielo celeste e luminoso, senza una nuvola.
Gareggia nelle linee con la Basilica. Tende le sue dita al cielo
inanellate da bianchi balconi e delicati ricami di marmo.
Di fianco si appoggia mollemente l’Ippodromo coperto di verde, alberi e
fiori con le sue emergenze che il tempo ha fatalmente conservato. La
loro bellezza si indovina quasi, è però intima e possente nel contempo.
La CittÃ* le ha quasi fagocitate in una quinta costruita loro intorno,
non le riconosce, quasi, ma passerei ore ad osservare un passato
lontano che ha lasciato tracce profonde come rughe su un viso.

Percorsi pochi passi mi trovo quasi ingurgitato dalla CittÃ*
sotterranea. La Basilica Cisterna o Yerebatan si apre sotto i miei
piedi profonda e nera come voragine misteriosa, raccolta e ieratica
come area sacra.
Non credo che l’acqua possa vantare una simile costruzione eretta in
suo onore in nessun altro luogo. La più grande delle fontane sparisce
nel confronto con questa opera idraulica che ha fornito per secoli
acqua alla CittÃ*: volte di laterizio sorrette da un numero infinito di
colonne, un velo d’acqua fa galleggiare luci basse che illuminano la
penombra, musiche teatrali rompono il silenzio e accompagnano in un
percorso creato per sollecitare mistero e suggestione.
Le colonne si declinano disuguali con capitelli disuguali, sono
affascinato dagli architetti che hanno riutilizzato materiale diverso
per ricreare un luogo unico.
Il percorso punta su una colonna con enormi lacrime scolpite. In una di
queste un buco dove puntare il pollice ed esprimere un desiderio
ruotando la mano aperta.
Alla fine del percorso una sorpresa: la bellezza pietrificata di due
Meduse raccontate dallo scultore in un frammento di infinita pena. Una
è coricata mentre l’altra è capovolta, sono prigioniere di due colonne
che ne impediscono l’azione ma ancora possenti e vive nel loro sguardo
sbarrato che, comunque, è meglio non sfidare.
Ho appoggiato il palmo della mano sul mento capovolto e fradicio per
ascoltare la sensazione della pietra, ma non l’ho trattenuta a lungo:
non si sa mai.

Nella piazza giardino dell’Ippodromo il riposo non sembra inutile,
verso sera si svuota di turisti e si riempie di fauna locale,
chiacchiere serene di signore attempate, velate e non, che fanno
gruppo; signori anziani che si scambiano saluti e parole, seduti su
panchine; bambini che giocano allegri, che corrono a piedi nudi su
biciclette senza luci e senza freni. Uno nota che mi sto interessando
alle sue evoluzioni, fa di tutto per scarrettare più spericolato e fare
numeri, mentre una madre richiama all’ordine due piccoli che si
azzuffano per gioco. La sera aveva portato un po’ di tregua al calore e
schiudeva un mondo nuovo all’esterno, finalmente.
Con passo solenne e fiero mi passa accanto un personaggio. Un signore
sulla settantina, con uno sguardo scuro e profondo. Fez come copricapo,
camicia bianca e pantaloni neri, un fiocco rosso come cravattino. Sul
volto bruciato due baffi bianchi ed enormi, curatissimi e lunghi a
coprire la bocca che immaginavo carnosa e ghignante. Sembrava uscito da
una stampa di genere, ottocentesca, di quelle che ritraggono personaggi
del vecchio impero, tanto care all’occidente romantico. Il signore
ottomano vende spremute di arance poco distante dall’Ippodromo, sulla
strada che ripida scende verso il mare. Una sera, risalendo, mi si è
parato di lato, ho accennato ad un saluto con la testa e lui ha
risposto con un cenno grave e gentile chiudendo appena gli occhi e
abbassando leggermente il capo altero. Regale come il ricordo di un
popolo sospeso tra passato e futuro ancora indeciso su quale parte del
ciglio viaggiare.

La prima mattina mi accoglie calda e avvolgente, decido di dedicarla
alla scoperta di Santa Sofia. Quante cose lette, quante descrizioni più
o meno dettagliate, quante immagini. Scelgo di non frequentare guide e
non leggere testi. Ho voglia di immergermi nello stupore, lasciarmi
guidare dalle pietre. Santa Sofia mi stringe in un abbraccio che mi
soffoca la voce. Quanta solenne beatitudine in quella volta sospesa nel
nulla, fluttuante ed impalpabile nella sua luce. I segni del tempo
incidono profondi squarci, la storia lascia ferite e si stratifica
nell’essenza di questo luogo magico e misterioso. Immagino le navate
piene di fedeli e delle loro preghiere ed il salmodiare di preti
bizantini o imam islamici, il luogo trasuda misticismo. Oggi è un museo
ma ogni singola pietra, ogni tessera di mosaico racconta ieratica la
sua storia di fede.
La visito in silenzio, alzo gli occhi su una tenera ******* con bambino
miracolosamente tracciata sulla lunetta dell’abside e sotto lo
splendido mihrab, la nicchia intarsiata di marmi preziosi che indica la
direzione della preghiera verso la Mecca e mi accorgo di un gatto
rossiccio che miagola carezze dai turisti che scattano foto.
Il gatto, il primo della serie dei gatti di Istanbul che incontrerò, mi
scuote dal silenzio, rifletto su questo incontro prodigioso tra
tradizione cristiana ed islamica. Colonne, capitelli finemente
scolpiti, lastre di marmo, mosaici e pitture, segni calligrafici e
ceramiche di Iznik, lampadari e portalumi in ferro battuto, balaustre e
porte di pietra, si inseguono e accendono lo stupore mentre una curiosa
scala senza scalini, ma cesellata di pietre, ascende alla loggia ricca
di reliquie che santificano il luogo.
La balaustra che corre lungo il perimetro e che sembra farti toccare la
cupola, esaltandola, è stata incisa da antichi writers. Alcuni segni
risalgono ai vichinghi ma sono attratto da alcune scritte in greco
bizantino tra cui riconosco una invocazione, alzando gli occhi, sulla
testa, la cupola consolante e protettiva.

Santa Sofia mi regala l’incontro con Elisa e Roberto, romani, con i
quali avevo condiviso il viaggio di andata e, con loro, Silvia e
Massimo, pisani, appena conosciuti all’esterno della basilica.
Iniziamo a parlare e le nostre chiacchiere, sensazioni e racconti ci
accompagneranno per tutta la permanenza.
Sono personaggi importanti e diversi che d’ora in avanti si
rifletteranno in questo racconto in maniera originale ed intensa, così
come intenso ed originale è il mio sguardo che si riflette ora nelle
belle foto che scorro nel sito degli amici di Pisa.

Santa Sofia ci saluta nell’abbraccio caldo del mezzogiorno, cerchiamo
di serbarne la meraviglia. Chiudendo gli occhi cerco ancora una volta
di imprimere nella testa le sue linee ed indago quella che sarebbe
stata la sua forma senza minareti e contrafforti, ma senza successo.
La sua forma non sarebbe migliore o diversa, ma senza la polifonia
delle sue linee, che racconta e sottolinea il destino della CittÃ*, non
avrebbe questo fascino.

Un leggero vento accarezza il viso mente mi avvio con i miei nuovi
compagni di viaggio verso la piccola stradina le cui quinte sono
formate dalle case di legno che, ormai familiari al mio sguardo,
imperturbate fanno la guardia.

Il pomeriggio assolato ci accompagna in una escursione, decidiamo
infatti di trascorrere il pomeriggio ammirando il tramonto sul Corno
d’Oro. Ali la guida aveva dato indicazioni su come raggiungere questo
posto magnifico che lo domina.
Foto e riprese, grandi passioni dei miei amici, avrebbero avuto uno
scenario incomparabile. Io non vedevo l’ora di ammirare l’acqua tinta
nell’oro del tramonto.

Ci tuffiamo nella folla accaldata ed accalcata e ci ritroviamo
accaldati ed accalcati a perderci nella folla.

Raggiungiamo il ponte di Galata e lo attraversiamo eccitati nella vista
e nei nostri racconti, Istanbul sta attraversando le nostre rispettive
vite ed in un attimo si mostra diversa ai nostri occhi, da un orizzonte
diverso, si allarga, distesa su un tappeto finemente intessuto di case
colorate cupole e minareti. Sembra rilassata mentre fuma un narghilè e
si affaccia nello stesso tempo su tre fronti diversi per cultura e
stili.
Stambul, Pera e Scutari si guardano allo specchio e si riflettono
contemporaneamente nelle acque di Marmara, Bosforo e Corno d’oro.
Il vociare dei pescatori e dei viandanti, il traffico caotico delle
auto che, su e giù per il ponte, sono risucchiate da strade che,
curvando, le ingoiano, il ritmo frenetico delle imbarcazioni che
transitano, approdano o fanno larghe manovre, che sbuffano e lanciano
acuti segnali, lo stridio dei gabbiani in volo sulle ricche prede, si
mescolano nell’eco sempre più familiare dei muezzin che intonano il
richiamo.
Mi perdo nel sole, mi volto e vedo la CittÃ* che mi segue, la sensazione
di luce e caldo fa assumere all’immagine un leggero tremore, la visione
è fantastica ed immagino quale fosse lo stupore dei viaggiatori
romantici dell’ottocento che la raggiungevano stanchi ed affamati di
questa visione, attraverso viaggi avventurosi.

Il traffico ci travolge, le persone che ci circondano sono frenetiche,
autobus che vomitano gente e ne ingoiano altrettanta in un ordine
misterioso. Incontriamo un personaggio buffo e simpatico, Ibrahim,
questo è il suo nome, ci fa cenno di seguirlo, capiamo che ci indicherÃ*
la strada, dal bus, quello giusto, alla fermata quella giusta.
Comunicheremo per ore in una non-lingua. Ma il suo ricordo è pieno di
parole gentili. Ibrahim ci scorta attraverso un quartiere molto
ordinato con una grande Moschea, ci indica un grande albero ed una
fontana bellissima con zampilli d’acqua altissimi, passiamo in una
stradina sui cui lati si svolge un mercatino, un signore molto gentile
mi mostra un opuscolo sul pensiero del Mevlan, peccato sia in lingua
turca.

A destinazione l’attesa del tramonto e l’accendersi della CittÃ* distesa
al nostro sguardo ci avrebbe rapito.
Sotto, digradando lo sguardo verso il Corno d’oro, si appoggia un
cimitero. Dall’alto vedevo le tombe e parenti che passeggiavano e
sostavano a parlare. La vista non accendeva tristezza: immaginavo
quanta quiete e quale bella vista per l’infinito.
Con Ibrahim ci saremmo salutati alla fermata dell’autobus del rientro,
non sapendo dire grazie ho appoggiato la mano sul cuore, lui ha
risposto con lo stesso gesto. Contenti e stanchi avremmo mangiato un
panino col pesce alla brace ed insalata. Anche le lische sapevano di
buono mentre ripensavamo eccitati alla giornata trascorsa insieme.

Un’ultima passeggiata alla Moschea Blu per studiare il percorso
dell’indomani ed un ultimo the sorseggiato sulle panche di legno
allestite in un angolo del grande piazzale. Io avrei iniziato un po’
prima con la Moschea Blu che non avevo ancora visitato. Sarebbe per me
stata la prima volta in un tempio islamico e non nascondevo la mia
emozione.
Istanbul stava lentamente defluendo come una calda linfa nelle mie
vene. Mi addormentai sfinito di un sonno corto e pesante. Mi svegliai
infatti prima del richiamo del muezzin.
Dalla tenda filtrava una lieve luce. Pochi rumori si alzavano dalla
strada, non potevo riprendere sonno. Accaldato ed ancora insonnolito
decido di farmi un caffè. Un orribile Nescafé solubile con latte
solubile, non avevo di meglio.
Mi siedo sul terrazzo mente una lieve luce si diffonde. Il mio caffè
non sembrava poi così male, dal buio l’oriente si tingeva di indaco e
blu, dopo pochi istanti un leggero vento da Nord mi tocca il viso, lame
di colore tingono il cielo celeste acqua. Un timido e veloce sole stava
allagando la cupola di Santa Sofia ed i suoi minareti di luce arancio
ed oro.

La mia prima visita in una Moschea è salutata da una mattina fresca e
luminosa. Esco di buonora per evitare la calca. Stamani sono attese
molte navi da crociera ed Ali ci aveva suggerito di evitare il centro,
pertanto avevamo deciso un percorso alternativo che ci avrebbe portato
verso il mercato delle spezie.
Prima di incontrare i miei compagni di viaggio sono entrato in Moschea.
L’atto di togliere le scarpe riassume il senso di attenzione e cura per
il luogo sacro. Il tappeto affonda morbido, l’ambiente è ovattato e
mistico. Faccio dei confronti nell’uso dell’acqua usata per le
abluzioni o per segnarsi, ricerco il significato di purificazione e
atto di fede. I piedi scalzi sono un po’ come il capo scoperto per gli
uomini, mentre il velo, per le donne, ricorda ancora molte signore che
si velano entrando nelle chiese, due atti di rispetto che ricordano la
stessa valenza nel significato profondo.
L’iconografia è invece completamente diversa e ne soffro, vorrei saper
leggere i versetti che si rincorrono ovunque.
Mi riempio gli occhi della luce chiara che filtra dalle finestre ampie,
tinta di blu mentre si riflette sulla miriade di tessere musive, sulle
ceramiche, sui marmi delle colonne e degli intarsi, illuminando
disegni geometrici e vetri dipinti.
La luce si diffonde proprio dietro il Mihrab inondato e nascosto in una
visione, impalpabile, di potenza mistica. Rimango in silenzio.

L’edificio dell’antico hamam, ora colmo di tappeti in vendita, apre le
sue porte invitante, i gestori sono gentili e ti permettono il giro
quasi fossero i custodi di un museo.
Mi aggiro per le sale dove la raffinatezza dei marmi e dei decori
rimanda a tempi lontani. Le cupole bianche di calce fresca richiamano i
fumi del vapore caldo. Nel silenzio immagino voci che si raccontano e
il rumore delle fontanelle che scrosciano acqua.

A tanto silenzio si oppone, invece, il vociare del mercato delle
spezie. Lo raggiungiamo in tram. La costruzione seicentesca è
affascinante, la struttura elegante nelle tante cupole che,
geometricamente perfette, si inseguono. Colonne scandiscono le quinte e
gli spazi di mercato.
All’interno ci accolgono, in un frastuono di benvenuto, profumi, odori
e lampi di luce; colori cangianti dal rosso all’arancio, dal giallo
all’amaranto, dal nero al noce, di spezie, tagliate, sminuzzate,
macinate, polverizzate o grezze, impacchettate o sciolte in contenitori
di vetro o in sacchi di iuta, esposte in mucchi tutti uguali, nella
scansione della geometria del luogo, in forme piramidali o coniche.
Sculture cubiche di caramelli alla frutta dolce, secca, speziata, dai
colori che invogliano a gustarne il sapore e che ti invadono di profumo
e delizia.
E poi gli infusi: the alla menta, alla rosa, alla cannella e quello
dell’amore, non penseresti ne esistano di così tanti tipi e poi pietre
dure e preziose di sfumature diverse, di ametista, di corallo, di
turchese, di granato, d’ambra, d’argento e d’oro e poi, ancora,
tessuti, pezze di seta e cotone, colorati di sole e d’acqua, di cielo e
di nuvole, di tramonti e di albe, di primavere e di estati piene di
frutti maturi o di autunni e di inverni di foglie secche e morte.
Un tripudio.

Nulla è fuori posto, nulla è scadente o di cattivo gusto, tutto appare
ordinato pur nella confusione condita dalla voci dei mercanti che ti
parlano in tutte le lingue del mondo. Mercanti e mercanzie. Qui
assumono il vero significato sembra il terminal di stoccaggio e vendita
di merci preziose ed antiche che hanno perduto significato
nell’ordinato occidente e che qui trovano punto di incontro nel loro
viaggio in arrivo dai tanti orienti.
L’invito all’acquisto è assordante ed inevitabile. Scegliamo,
contrattiamo comperiamo convinti e tra tanti oggetti invitanti ne
lasciamo altri: per la prossima volta. Inevitabile. Affamati e contenti
usciamo da quella bolgia di voci colori e odori intensi. Lo sguardo
indietro mi rimandava la bellezza del tessuto urbano ancora sbrecciato
e decolorato, stinto di sporco e di tempo che ha sciacquato via il
colore originario. Le cupolette del mercato egizio riflettono la luce
chiara del pranzo in bilico in un passato non ancora tale. Un muezzin
richiama la sua attenzione.

Il Topkapi Saray si appoggia su una collina dolce che digrada verso tre
specchi di acqua in un punto dove gli occhi precipitano in un paesaggio
in continuo movimento. E’ il paesaggio delle imbarcazioni che
incrociano, quello del vento che spazza la bruma e quello della stessa
bruma che cambia contorni e colori attraverso una lente annebbiata a
seconda dell’ora.
In realtÃ* non me lo ricordo come un palazzo, ma come una cittÃ*
fortificata nella CittÃ* a sua volta cinta di mura.
L’armonia delle corti immense, dei prati e degli alberi, dei padiglioni
che declinano opulenza, delle emergenze architettoniche dalle linee
sagge e potenti, della teorie delle cupole e dei comignoli come
minareti spinti in alto.
La ricchezza affiora dalle collezioni conservate, le porcellane, i
gioielli e anche qui ricami di marmo e di maioliche geometriche che
formano prati di blu e turchese su pareti altissime. Tugrah disseminate
ovunque, informano e tramandano i nomi dei sultani che hanno transitato
le stesse porte nel loro destino terreno.
Gli oggetti o le decorazioni troppo occidentali stonano nell’equilibrio
delle linee originali delle decorazioni ottomane, le stesse che si
riscontrano in oggetti d’uso quotidiano quasi che una traccia del
passato sedimenta ancora un presente non meno nobile.
Il Gran Turco, come chiamavano il Sultano gli occidentali romantici, ne
esce quasi senza corpo. La sua figura ieratica conferisce a quel luogo
una impalpabile non-appartenenza.
Immagino racconti mentre ammiro un belvedere col baldacchino dorato,
costruito solo per ammirare il tramonto sul Corno d’oro, Haliç come mi
ha insegnato Ibrahim.
il palazzo mi appare come una prigione dello spirito, dorata ed
ingemmata.

Attraversiamo il caotico traffico cittadino che ci opprime e diverte,
giungiamo verso San Salvatore in Cora. Un’antica chiesa bizantina, oggi
museo, con un passato da Moschea, nella quale sono conservati mosaici e
pitture di bellezza straordinaria con racconti della vita di Cristo.
Figure imponenti si inseguono nella rappresentazione teatrale dell’arte
bizantina e disegnano con dettagli di luminosa precisione paesaggi
prospettici e significati mistici che appartengono alla nostra cultura.
Anche qui la devozione e l’ammirazione per un’opera straordinaria ne
hanno impedito la distruzione. Il rispetto per il luogo è stato
talmente grande che solo un minareto è stato aggiunto senza stravolgere
le linee originali. Il luogo, nonostante sia stato trasformato in un
museo, mantiene tutta la sua sacralitÃ* nelle linee diritte ed in quelle
curve, nei suoi narceti, nelle sue absidi e cupole e vele e colonne.
Parla di secoli di preghiere che hanno impregnato mattoni, intonaci e
ogni singola tessera di mosaico.
Cristo nella sua mandorla di infinito raccoglie lo spirito della
******* dormiente sul letto di morte a significare l’eterno.
Con l’oro dei suoi mosaici negli occhi lasciamo la chiesa, raccolgo un
sasso, un piccolo pezzo di antracite che pavimenta il sentiero di
accesso: per ricordo o nel segno lasciato da un ricordo.

Il pomeriggio, dopo tanto correre inseguendo la CittÃ* alla scoperta del
suo tessuto, lo dedichiamo al riposo ed agli acquisti.
Per qualcuno di noi il viaggio sta per terminare e ne sentiamo, nelle
leggere brezze, il sapore del distacco.
Sento che queste giornate stanno per finire ed il pensiero porta
bruciore agli occhi. Il caldo abbraccio del sole riscalda le guance
mentre l’emozione spinge da dentro.

Mi affaccio sul terrazzo per ammirare le linee delle emergenze
architettoniche di Santa Sofia che si intravedono dietro le quinte dei
palazzi di fronte, i suoi minareti spingono lo sguardo verso l’alto,
gabbiani si inseguono nel vento, il muezzin attacca la sua litania, un
altro lo insegue sullo stesso tono e un altro ancora. Le voci si
rincorrono in una nenia che sbalza l’anima.

Lontana la folla defluisce come un fiume instancabile verso l’Ippodromo
ed i sacri luoghi. Il salmodiare svanisce in un’eco, come fiato che
muore mentre pronuncia una lettera gutturale. Il vento leggero si alza
e mi spolvera il viso, mi consola ed invita al ritorno.

Scendendo cerco alcuni negozi, prima di raggiungere i miei nuovi amici,
giÃ* benvenuti e giÃ* lontani.

Scelgo di cercare un po’ in disparte dal solito giro, scelgo piccole
strade e mi imbatto in una libreria di libri usati, direi quasi di
antiquariato, comincio a cercare con lo sguardo sugli scaffali dorsi in
brossura, pelle o tela con scritte in diverse lingue, persino alcuni
libri in italiano di algebra e geometria, testi ottocenteschi: chissÃ*
da quale biblioteca sono usciti. Grandi libri fotografici di cittÃ*
europee e moltissimi libri in lingua turca.
Il libraio, un tipo grande e scuro di pelle e capelli con profondi
occhi neri e barba, mi aveva accolto gentile. Parla un po’ di inglese e
chiede come mi potrebbe aiutare. Cerco, come al solito, testi specifici
ma non essendocene spiego che vorrei qualcosa che ricordi la vecchia
Istanbul.
Avevo visto, in albergo, vecchie foto riprodotte ed incorniciate,
firmate dal fotografo Sebah e devo dire che erano molto intriganti,
cartoline primo novecento, vedute di una CittÃ* ormai scomparsa, ripresa
e cristallizzata in una delle sue tante vite.
Il libraio annuisce e cerca di mostrare tutto quello che può offrire
sul tema, incluse alcune vecchie carte con iscrizioni nel turco scritto
con caratteri arabi pre-riforma. Erano sicuramente molto decorative ma
non era ciò che cercavo.
Non cercava di vendermi cose, voleva solo mostrare fiero la sua
cultura, e mi spiegava nel suo incerto inglese della sua vita
culturale, della sua passione per la cultura tedesca e dei suoi studi.
Voleva mettermi a mio agio in quel luogo senza tempo.
Tira fuori da una pila un libro con una copertina molto bella e
comincia a leggerlo e mi spiega che oggigiorno poche persone sono in
grado di leggere i caratteri turco-arabi da quando il nuovo alfabeto è
stato introdotto, lamentava che una parte della cultura ottomana stava
sparendo. Recita una prosa dolce e malinconica, alla fine mi dice:
‘questo è turco’ come ad affermare una sua identitÃ* culturale precisa.
Mi racconta delle sue origini turkmene, mi chiede da dove arrivo e
quali lingue parlo e alla fine tira fuori un paio di libri. Uno di
questi è una descrizione delle moschee di Istanbul, con molte foto
firmate dal Sebah e capisce che ha centrato.
Ripone i libri in un sacchetto e mentre mi ringrazia dice che i libri
sono come amici, ora ne perde due ma è contento che io li abbia
trovati.
Lo ringrazio e mi risponde in turco battendo la sua mano sul cuore. I
miei occhi corrono fuori nella luce: sembravo uscito da un viaggio nel
tempo.

Ammiravo come questa CittÃ* sia ospitale con tutti, sembra avere la
stessa essenza che riconosco alla mia di CittÃ*. ‘Come Roma’: me lo
ripetevo spesso. In effetti le due CittÃ* hanno delle assonanze, come
due gemelle complementari che si riflettono nella luce della loro
storia. Rimane vivo, per entrambe, l’antico spirito che aveva mosso la
loro fondazione. Lo stesso spirito che, pur confrontandosi con una
modernitÃ* che le violenta, non riesce a distruggere il sottile filo
che le lega al passato.

La gente che mi passa accanto sembra essere fuori dal tempo, molti
personaggi che mi sfiorano sembrano lontani dallo sfrenato consumismo
che mi affligge. Pur nella occidentalizzazione forzata della societÃ*,
che vuole essere letta come voglia di emergere da un passato di
arretratezza economica, ho notato che la vita si svolge su livelli, a
volte, di una semplicitÃ* che sembra appartenere ad altri tempi. Forse
il pensiero corre veloce perché sono un po’ come tutti: abituato a
premere un bottone ed avere il mio desiderio esaudito, ma ho registrato
nella memoria alcuni mestieri che, da noi, sono scomparsi da tempo e
perso, ormai, ogni sapore.
Ho ricordato mio nonno, quando curava il suo orto, nel signore che,
accovacciato, innaffiava il prato e le aiuole dell’Ippodromo, non c’era
un sistema automatico ma un anziano signore che con cura dirigeva il
getto del tubo, evitando di creare scompiglio nei fiori o fare buche
nel terreno.
Lo stesso signore magari, poco prima, per arrotondare, avrebbe
selezionato a mano plastica da riciclo, cercando direttamente dai
sacchi dell’immondizia depositati in un angolo, il suo lavoro, pur
degradante, soprattutto per noi abituati all’occidente ricco, mantiene
dignitÃ* e funzione sociale.
Eravamo rimasti colpiti da come l’ingegno aveva aguzzato le tecniche di
abbordaggio ai potenziali clienti e come anche Ali fosse stato un
ingranaggio in quel sistema perfetto ed integrato di conoscenze. Con
talento dirigeva le potenzialitÃ* dei nostri acquisti in forma
determinata ma molto acuta e rispettosa.
Questo sistema integrato funzionava a meraviglia. Avevi bisogno di una
macchina? un taxi? un albergo? una guida? un gioiello? vuoi vedere
tappeti? Vuoi una casa? Beh Ali aveva una risposta per tutto.
Ti accompagnava o indicava e poi spariva all’esterno, non partecipava
alle trattative il suo compito era esaurito, per il momento.

Ali, conoscenza fortuita e preziosa degli amici di Pisa, ci ha offerto
consigli ed indicazioni utili, ci ha mostrato una faccia della CittÃ*
senza la quale non avremmo fatto alcune cose nella stessa maniera. Lo
ha fatto nel suo italiano perfetto e ricercato, con semplicitÃ*.
Integrato in un sistema di vendite al dettaglio è ora integrato nel
ricordo di questo viaggio, nel tappeto che orgoglioso ammiro nella mia
stanza o negli oggetti che sono entrati nella mia quotidianitÃ*.

Legati agli oggetti, anche, la cordialitÃ* del the offerto e delle
contrattazioni infinite e sfinite che hanno animato alcune vendite. Il
sorriso degli attori nascondeva il gioco e alla fine siamo usciti da
alcuni negozi stanchi ma lieti, mentre il venditore ci dava pacche
sulle spalle. No, non ci aveva fregato, eravamo tutti soddisfatti,
ognuno aveva recitato la sua parte e ci eravamo divertiti.

Mi mancano il the e le chiacchiere sui bassi tavolini ricoperti di
stoffe Kilim su cuscini e tappeti, mi manca il gioco con dadi e pedine
che vedevo fare quando scendeva la sera, all’esterno, di fronte a
negozi che vendevano ceramiche e tappeti e libri e stampe e quadri e
rame battuto. Che voglia di fermarmi e sedere e stare a guardare mentre
la cenere cadeva da sigarette di incerta marca!
Dava la certezza che quelle persone erano padrone del loro tempo,
eppure erano occupati fino a tarda notte attendendo avventori per
chiudere un affare.

Ripenso a queste sensazioni mentre preparo la mia borsa. Avevo da poco
salutato i miei nuovi amici e rinnovato il desiderio di rivederli.
ChissÃ* dove e chissÃ* quando. Ero consolato dalla bella esperienza
condivisa, perché non prestabilita od organizzata.
A fatica infilo tutto nella borsa che scoppia, vestiti ed oggetti e
ricordi ed esperienze presenti e passate che fanno parte del mio
viaggio, ritrovo il sasso che avevo messo dentro all’andata e quello
raccolto sul viale di accesso di San Salvatore in Cora, ero arrivato
per lasciarne uno ma ne parto con due.
Ricordi di sensazioni di odori e colori, buoni o meno, di sapore di
mare che lascia la sua traccia nell’aria o di leggero vento che ti
sfiora quando la temperatura si alza e ti soccorre e consola. Di
sensazione che provi quando stai per preparare la partenza e ti affacci
dal balcone, cerchi di catturare dal buio la luce, che da domani non
vedrai così chiara, che provi quando cerchi sempre nel buio di
catturare la sagoma dei minareti di Santa Sofia che indicano il cielo.
Santa Sofia sarÃ* anche il mio ultimo sguardo alla CittÃ* quando domani
prenderò un taxi che mi condurrÃ* in aeroporto, ultima meta di questo
viaggio.

Richiudo la borsa pigiando camicie oggetti sensazioni emozioni
suggestioni in un unico ammasso di cose da riportare alla rinfusa. Con
i giorni li stenderò e lascerò che tutto prenda forma fino a leggerne
il significato recondito, sistemarlo nei cassetti della mia memoria e
fissarne un’ultima traccia indelebile.
Porto dei libri, un tappeto, ceramiche, pietre e vecchi sigilli in
corniola incisa, scovati in un angolo nascosto tra mille oggetti, e due
sassi in fondo alla tasca.

Ripenso velocemente alle chiacchiere e scambi di idee con Massimo e
Silvia, Roberto ed Elisa tra giorni sereni e lunghe camminate, stanchi
ed appagati. Penso ai libri che mi attendono a casa e a tutti quelli
che cercherò e che mi racconteranno di questa storia. Inevitabile,
conoscendomi, ricercare in nuovi libri tracce della CittÃ*, anzi, mi
verranno a cercare: io li attendo.

Stringo la cintura di sicurezza. L’aereo termina finalmente la sua
lunga corsa staccandosi dalla pista. Una virata mi mostra la cittÃ*
nuova che si estende all’infinito e distese di verde e di alberi,
lontano un mare celeste accompagna la vista fino a galleggiare in fitte
nuvole bianche ed ovattate.

Chiudo gli occhi. Il mio viaggio verso Istanbul, è appena cominciato.


Rispondi citando Condividi su facebook
Links Sponsorizzati
Advertisement
  #2  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
  #3  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
  #4  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
  #5  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
  #6  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
  #7  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
  #8  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
  #9  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
  #10  
Vecchio 26-09-2007, 09.59.27
primula rossa
 
Messaggi: n/a
Predefinito Re: [RECE] Istanbul

Massimo B ha scritto:
[color=blue]
> Ciao,
> dietro autorizzazione dell'autore segnalo questa rece di un amico
> conosciuto nel recente viaggio a istanbul.[/color]
[...]

Che bella rece!
Complimenti vivissimi al tuo amico per l'abilità descrittiva,
l'osservazione e l'introspezione che trapelano dal suo delicato e sognante
racconto.
Potresti, caro Massimo, assoldarlo quale commentatore del tuo video ...
che ancora è in gestazione (ma fino a quando?).
Un abbraccio a te e a Silvia (bravissima anche lei per la rece che avete
già postato)!
Sergio :-)

--
Un uomo saggio impara dall'esperienza, un uomo ancora più saggio impara
dall'esperienza degli altri. (saggio cinese)

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
[url]http://www.newsland.it/news[/url] segnala gli abusi ad [email]abuse@newsland.it[/email]


Rispondi citando Condividi su facebook
Links Sponsorizzati
Advertisement
Rispondi


Strumenti discussione Cerca in questa discussione
Cerca in questa discussione:

Ricerca avanzata
Modalità visualizzazione

Regole di scrittura
Tu non puoi inserire nuovi messaggi
Tu non puoi rispondere ai messaggi
Tu non puoi inviare files
Tu non puoi modificare i tuoi messaggi

Il codice vB è Disattivato
Le faccine sono Disattivato
Il codice [IMG] è Disattivato
Il codice HTML è Disattivato
Vai al forum

Discussioni simili
Discussione Autore discussione Forum Risposte Ultimo messaggio
Istanbul e Ankara info Gaeel Viaggi Forum Principale 119 10-06-2007 23.59.12
RECE ISTANBUL E PAPP 2007: 28 aprile-1 maggio 2007 luango Viaggi Forum Principale 963 10-06-2007 23.46.29
[RECE] Aprile 2007: una papp con Istanbul intorno:-) giumak Viaggi Forum Principale 544 10-06-2007 23.39.37
PAPP ISTANBUL 2007: meno 18! Carla Polastro Viaggi Forum Principale 576 10-06-2007 18.56.52
chianti, danze, cinema, ape maia, istanbul, Eva... Redazione LeggieVai.it Viaggi Forum Principale 0 10-06-2007 18.24.48


Tutti gli orari sono GMT +2. Adesso sono le 11.53.27.


www.ForumViaggiare.com
Ad Management by RedTyger